Il kora del monte Kailash è un trekking intenso. In questo articolo ti racconterò la mia esperienza dandoti preziosi consigli per affrontare al meglio questo viaggio.
Il Tibet è sempre stato nei miei pensieri, nei miei sogni. Quante notti ho passato cercando di immaginarmi in quelle terre selvagge, protette e custodite dalle cime più alte della terra. Quanti libri letti, quanti film e documentari visti ambientati sul tetto del mondo.
La voglia di raggiungere questi luoghi così incredibili è cresciuta sempre di più con la necessità di approfondire la storia di questo paese, la cultura tibetana e la religione di questo meraviglioso popolo.
Ciò che mi ha colpito maggiormente e mi ha portata a scegliere questo paese come meta di viaggio è stato il Kora del monte Kailash che per molti rappresenta uno dei viaggi più ambiti della vita. Un luogo di infinita spiritualità! Qui nascono quattro grandi fiumi tra i più lunghi ed importanti dell’Asia: l’Indo, il Sutlej, il Brahmaputra ed il Karnali, noto affluente del sacro Gange.
Il Kailash ha un’altezza di 6.638 metri circa e si ritiene sia tra le montagne più sacre al mondo. Centro di pellegrinaggio e simbolo spirituale per quattro correnti religiose: Buddisti, Induisti, Giainisti e per i Bon, i seguaci dell’antica e locale religione tibetana.
Secondo questi ultimi, il loro fondatore fece la sua comparsa sul monte Kailash una volta sceso dal cielo. Per i Buddisti è il centro dell’universo, l’ombelico del mondo, per gli Induisti la residenza di Shiva, per i Giainisti invece il luogo in cui raggiunse la liberazione il loro primo santo.
Ad oggi il Kailash rimane una vetta inviolata. Il governo cinese concesse all’alpinista Reinhold Messner negli anni ottanta in permesso per poter fare un sopralluogo nella zona e la possibilità di poter scalare la montagna se avesse voluto. Fortunatamente l’alpinista declinò l’offerta mostrando una forte sensibilità nei confronti del popolo tibetano.
Il pellegrinaggio
Ogni anno migliaia di pellegrini si spingono in questa zona remota del Tibet occidentale per immergersi nelle sacre acque del lago Manasarovar, “il lago della madre”, proseguendo poi verso il Kailash che è il simbolo “dell’energia del Padre” per compiere questo pellegrinaggio. Un viaggio di profonda purificazione per il proprio karma.
Curiosità sul trekking
Secondo la tradizione locale, se una persona riuscisse a compiere 108 kora del monte Kailash nel corso della vita, ciò porterebbe alla completa purificazione di tutte le negatività accumulate nelle vite precedenti.
Il tempo dedicato a questo percorso di 54 km circa per noi occidentali è di due giorni e mezzo. Alcuni pellegrini tibetani partono alle prime luci dell’alba e riescono a camminare ininterrottamente compiendo il circuito in un solo giorno. Altri invece possono impiegarci delle settimane, eseguendo infinite serie di prostrazioni lungo il tragitto, indossando delle protezioni di cuoio sul corpo per proteggere le parti che toccano a terra.
Il circuito viene normalmente percorso in senso orario, gli unici a compierlo nel senso opposto sono i fedeli Bon. Secondo le tradizioni locali, il tragitto, è da compiersi solamente a piedi. Molti pellegrini indiani utilizzano i cavalli ma ciò, oltre ad essere pericoloso in alcuni punti a causa del ghiaccio e della neve, porterebbe ad accumulare un karma negativo per la persona.
L’arrivo a Darchen, città di partenza per il kora del Kailash
Il sentiero da cui parte il circuito si trova a Darchen, un piccolo paese posto a 4.600 metri nella contea di Purang che ospita paesaggi indescrivibili. Avvicinandosi al paese la sommità innevata e inconfondibile del Kailash funge da guida, una piramide quasi perfetta di rocce e candida neve inviolata.
I servizi che offre Darchen
A Darchen sono presenti diversi ristoranti a buon mercato con cibo locale, un supermarket dove poter acquistare gli ultimi snack prima della partenza, qualche negozio e una piccola banca per poter prelevare gli ultimi contanti in caso di necessità.
Il paese offre delle semplici guest-house, la corrente elettrica non è sempre disponibile e l’acqua calda non è garantita negli alloggi. Una soluzione molto interessante e a buon mercato, data la mancanza di bagni veri e propri durante il percorso, sono le docce pubbliche che si possono trovare in paese. Per pochi spiccioli si può usufruire di acqua calda e phon. Dopo tre giorni di cammino i vostri muscoli ve ne saranno grati. I gestori sono molto cordiali e disponibili, le docce sono pulite e spaziose.
Il nostro arrivo a Darchen è nel tardo pomeriggio, dopo una cena veloce rientriamo alla guest-house per la preparazione dello zaino che per i prossimi tre giorni ci accompagnerà lungo il cammino.
Limitiamo il peso al minimo indispensabile, il vestiario è molto importante, le temperature sono piuttosto rigide e le condizioni meteo non sono favorevoli. Una volta entrata nel sacco a pelo sono tanti i pensieri che scorrono veloci rincorrendosi tra loro. Uno stato di eccitazione e paura, la speranza che tutto fili liscio senza pericoli mi tiene sveglia a lungo, ma finalmente il sonno prende il sopravvento.
Giorno 1- La partenza
La sveglia rompe il sonno che è ancora buio e dopo aver fatto colazione in una delle tipiche tea-house a base di tea caldo e un ottimo pancake (incredibile trovarlo in luoghi così remoti!) il nostro cammino ha inizio.
La partenza è prima dell’alba e sono parecchi i pellegrini locali già in marcia verso il sentiero. Gli unici suoni che spezzano il silenzio sono le preghiere sospirate a bassa voce dai fedeli, accompagnati dal mala, il tipico rosario buddista composto da 108 grani che viene fatto scorrere tra le dita senza sosta.
Il suono di una campana ci fa notare il punto simbolico di partenza del Kora, una stupa colorata da attraversare. All’interno è riposta una campanella da suonare in segno di buon auspicio.
Le prime luci del giorno offrono un panorama mozzafiato, una bellissima pianura ci attende, yak e cavalli lungo la via, fiumiciattoli da attraversare. Le prime bandiere tibetane appese ai ponti sventolano senza sosta consumandosi giorno dopo giorno liberando le sacre preghiere che verranno trasportate dal vento lungo le vallate.
A sinistra della pianura notiamo il monastero di Chuku, arroccato su una parete rocciosa. Sarebbe bello poterlo visitare ma la strada per il monastero di Dirapuk, dove passeremo la notte, è ancora lunga ed è meglio proseguire. Dopo qualche ora di cammino incontriamo alcuni campi tendati. Qui è possibile fare una breve sosta per bere un tea caldo e riposare un pò le gambe, cercando di non fermarsi troppo per poi riprendere il cammino.
La spiritualità e la devozione locale
Sono diversi i pellegrini impegnati nel percorso. Resto particolarmente colpita da chi sente di dover compiere questo percorso inchinandosi ed inginocchiandosi a terra per migliaia di volte ogni 3/4 passi per tutta la durata del viaggio.
La spiritualità, la semplicità delle famiglie locali che si preparano ad un cammino difficoltoso con pochi averi è decisamente toccante. Visi segnati dal sole cocente che a queste altitudini attribuisce parecchi anni in più, la fatica quotidiana di un’esistenza difficile a queste quote. Ciò che non manca mai è il sorriso, a volte molto timido ma sempre presente. Dimostra la genuinità di un popolo che lotta costantemente per mantenere vive le proprie radici.
L’arrivo a Dirapuk, notte in monastero
Diverse file di stupa ci fanno capire di essere in prossimità del monastero di Dirapuk. Siamo attorno ai 5.000 metri, il nostro cammino termina dopo 20 km o poco più. La fatica si fa sentire ma la gioia di essere arrivati fin qui giungendo al cospetto della parete nord del Kailash cancella ogni sofferenza. Le nuvole purtroppo impediranno la vista del monte nella sua totalità.
Dopo aver appoggiato gli zaini e preso posto nel rifugio ci incamminiamo verso il monastero per una visita. Scopriamo che al suo interno, oltre alle meravigliose pitture, vi è una minuscola e caratteristica grotta dove il poeta e maestro del buddismo tibetano Milarepa trascorreva il suo tempo meditando.
La notte scende velocemente, dopo cena ci infiliamo nel sacco a pelo. Il giorno più difficoltoso ci aspetta, la salita verso il Dolma La pass, situato a 5.600 metri circa non è da sottovalutare, sarà il punto più alto raggiunto durante il Kora del Kailash.
Giorno 2 – La salita al Dolma La pass
La guida viene a darci il buongiorno portandoci un termos di tea fumante. La speranza di poter vedere la montagna nella sua totalità svanisce anche al risveglio ma resto particolarmente sorpresa dall’atmosfera che si è creata all’esterno guardando dalla finestra.
Durante la notte è scesa la neve e vedere questo paesaggio imbiancato non ha prezzo.
L’aria fuori è davvero gelida e la voglia di chiacchierare con i compagni di viaggio si smorza. Ci aspettano soltanto 500 metri di dislivello, ma a queste quote la fatica di procedere passo dopo passo è davvero molta.
Sulla strada incontriamo parecchi turisti, qualcuno si sente male, i sintomi del mal di montagna non sono da sottovalutare. L’ossigeno sembra davvero insufficiente e spesso si è vittime di attacchi di panico che portano a delle crisi psicologiche notevoli.
Il sentiero si fa impervio, i fiocchi di neve ci accompagnano, proseguiamo lentamente verso la meta cercando di mantenere un ritmo lento ma deciso. Finalmente giungiamo al passo Dolma. Parlare è davvero difficile, le labbra sono quasi congelate ed il vento è incessante ma la felicità è assoluta.
L’arrivo al passo
Dopo qualche scatto veloce appoggio sulla neve un piccolo sasso che ho portato fin qui da casa. E’ bello pensare, a distanza di mesi, che questo sassolino ora faccia parte della montagna sacra.
Un’usanza locale prevede infatti che sia di buon auspicio, una volta arrivati sul passo, lasciare qualcosa che ci rappresenti. C’è chi lascia un capo d’abbigliamento, chi lascia una ciocca di capelli o addirittura la propria dentiera.
Riprendiamo velocemente il cammino, il maltempo ci impedisce la vista sui laghetti al passo che normalmente sono di un verde-azzurro incredibile. Proseguiamo sul ripido sentiero che scenderà dalla parte opposta fino a raggiungere la pianura.
Il fango mischiato alla neve rende il percorso molto scivoloso. Alcuni turisti asiatici cadono lungo la via. Davvero incauti e impreparati indossano jeans e mocassini rendendo pericoloso il percorso non solo per se ma anche per gli altri viaggiatori.
L’arrivo al monastero di Zutulpuk
Finalmente raggiungiamo la piana ed anche il tempo sembra migliorare, un campo tendato offre dei noodles istantanei. Sostiamo per un breve tempo e ci rimettiamo in marcia. I dolori alle gambe sono in aumento, il percorso è di soli 12 kilometri ma sembra infinito. Finalmente raggiungiamo il monastero di Zutulpuk, a 4.790 metri. Qui ceniamo e non appena entrata nel sacco a pelo crollo in un sonno profondo.
Giorno 3 – Il rientro a Darchen
La sveglia anche stamattina è prima dell’alba. Giusto il tempo di svegliarsi, fare colazione e si riparte per il rientro a Darchen quando è ancora buio. Oggi ci aspettano altri 20 km circa, scendendo di quota la fatica sembra diminuire e pian piano iniziamo a vedere le prime case di Darchen in lontananza.
Incontriamo gli ultimi pellegrini sul percorso, affaticati ma sereni. La loro missione è compiuta. C’è qualcuno che si fermerà ad una volta sola e chi ritenterà più volte. La nostra guida tibetana, non ancora quarantenne (accompagnando i gruppi di trekking), ha potuto percorrere sinora il circuito per ben 73 volte.
Darchen è vicina, raggiungiamo il cuore della città e ci congediamo da questo faticoso ed impegnativo sentiero.
La cultura tibetana ti appassiona? Guarda il video del nostro viaggio in Ladakh!
Considerazioni
Sono tante le persone che mi hanno chiesto, prima della partenza, e poi al rientro cosa mi abbia spinta a scegliere questa idea di viaggio e le motivazioni sono diverse. Credo che questa sia un’occasione per fare un viaggio interiore molto profondo, un viaggio dentro il viaggio. L’opportunità di poter analizzare le nostre forze e debolezze, i dubbi e le certezze che ci caratterizzano.
Oltre alla preparazione fisica occorre essere preparati mentalmente alla fatica e alla determinazione. I momenti difficili sono molti ma una volta raggiunto il traguardo la gioia di aver compiuto una missione desiderata da così tanto tempo non ha prezzo. Il Kora del Kailash rimarrà per sempre una delle esperienze più profonde mai realizzate.
Consigli utili
Questi sono i miei consigli per affrontare al meglio il trekking:
- Ti consiglio di acquistare delle scarpe come queste, impermeabili, leggere e con una suola robusta.
- Valuta al meglio la scelta dell’agenzia con cui organizzerai il viaggio: come ben sai in Tibet non è possibile viaggiare in autonomia. Scegli un’agenzia che abbia la guida tibetana in modo da poter vivere al meglio questa esperienza.
- Porta con te dei bastoncini da trekking, meglio pieghevoli. Ti aiuteranno durante la salita!
- Un thermos è l’ideale durante il cammino per poter avere acqua calda sempre con te. Nei campi tendati lo potrai riempire. Un ottimo aiuto per affrontare le temperature rigide.
- Durante il trekking ci siamo affidati ad uno sherpa locale per limitare al minimo il peso dello zaino. Il costo medio è di 80 $ per i tre giorni di Kora. Le persone locali vivono di turismo, in questo modo avrai l’opportunità di aiutare le famiglie locali.
- Un buon sacco a pelo è fondamentale per affrontare le rigide notti. Questo è davvero ottimo! Di poco ingombro e facile da ripiegare.
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Buon viaggio!
Claudia
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