In questo articolo ti racconteremo della nostra esperienza di viaggio in Bangladesh, ospitati in una piccola missione alle porte della maestosa foresta del Bengala.
Ci troviamo in un minuscolo villaggio nei pressi della maestosa foresta del Bengala, le Sundarbans in lingua locale. Veniamo ospitati da Padre Luigi, nostro compaesano e missionario Saveriano che si trova in Bangladesh da più di quarant’anni.
Padre Luigi,dopo aver prestato servizio in diverse zone del Bangladesh, cominciò ad interessarsi agli appartenenti della tribù Munda, considerati “fuori casta” e poveri tra i più poveri. Nel 2003 fu acquistato un terreno dove si iniziò a costruire qualche casupola che man mano si trasformò in una piccola missione.
Da subito si mobilitò per aiutare i più giovani con lo studio e tramite la Caritas diede inizio ad un piccolo corso di cucito per aiutare le ragazze ad affacciarsi al mondo del lavoro. Non è facile nascere donna nel sub continente indiano. Lo è ancor di più cercare di inserirsi lavorativamente, scolasticamente e socialmente in un mondo che sembra non avere posto per loro.
Uno dei disastri ecologici del Bangladesh
Nelle aree che circondano la missione, da tempo, il verde delle risaie e delle coltivazioni che sostentavano la popolazione è scomparso per far posto agli allevamenti di gamberetti. Questi allevamenti necessitano di acqua salata, creando un disastro ecologico incredibile. La popolazione deve fare i conti con la salinità che cresce sempre di più inquinando così le falde acquifere. Gli abitanti utilizzano per la maggior parte l’acqua piovana raccolta durante la stagione delle piogge.
Questa terribile situazione fa si che i terreni si salinizzino sempre più diventando sterili, mettendo quindi in serie difficoltà una popolazione che dall’agricoltura ha sempre avuto il suo sostentamento principale. Ciò comporta l’aumento della povertà rendendo per i nuclei familiari, tra l’altro, difficoltoso il mantenimento dei figli.
La piaga che colpisce le ragazze Munda
Un po’ per tradizione un po’ per estreme necessità, le ragazze Munda vengono costrette a sposarsi a partire dai 12 anni d’età. Il tutto viene organizzato in tempi molto rapidi e la maggior parte delle volte capita con uomini molto più grandi di loro. Si stima che in Bangladesh il 65% delle ragazze si sposi prima dei 18 anni e il 30% prima dei 15. Questa è una piaga che affligge le ragazze Munda da generazioni. Una volta organizzato il matrimonio la famiglia della sposa deve dare in dono una dote alla famiglia dello sposo. Il valore della dote aumenta con l’età della ragazza, di conseguenza, essendo in condizioni di estrema povertà, le famiglie cercano di liberarsi delle fanciulle il prima possibile.
Padre Luigi in questi anni ha fatto molto per queste ragazze Munda. Con il corso di cucito ha potuto ospitare le prime fanciulle venute da villaggi lontani aiutandole anche con gli studi. Ha dato loro grandi opportunità sia a livello scolastico, lavorativo ma soprattutto protettivo nei confronti dei matrimoni combinati. Le più grandi poi, aspiranti sarte, hanno recentemente dato il via ad una piccola cooperativa garantendo loro una maggiore apertura al mondo del lavoro. Il passaparola nel corso degli anni ha contributo alla ribellione di molte ragazze verso i matrimoni precoci rendendo così la missione un rifugio sicuro dove poter studiare e crescere più liberamente. Ad oggi sono quindici le ragazze ospiti di Padre Luigi, la loro età va dai dodici ai venticinque anni.
La missione
I primi raggi di sole entrano timidamente dalle piccole finestre della nostra camera. Ogni stanza è composta da un arredamento semplice ed essenziale. Un letto spartano con una generosa zanzariera che cala dal soffitto aiuta a proteggerci dai vari insetti durante la notte. Un tavolo, una sedia e un piccolo bagno con la doccia completano l’abitazione.
L’acqua è salata anche per la problematica legata ai gamberetti ma non la temiamo! Sappiamo che l’acqua dolce qui è un bene prezioso e la priorità è per l’uso in cucina.
Ci vestiamo e usciamo. Beauty, la cuoca della missione, è già alle prese con la sua “mandolina artigianale”. Sta cuocendo il riso e sminuzzando le verdure per preparare la colazione. Dagli alloggi delle ragazze più grandi proviene il suono inconfondibile delle macchine da cucire a pedali. Qualcuno è già all’opera per confezionare un nuovo abito.
Chadon, il custode e marito della cuoca è sulla riva del laghetto d’acqua dolce della missione per pescare qualche pesce che ci verrà servito per pranzo. Questa pozza raccoglie l’acqua che cade durante l’abbondante stagione delle piogge. L’accesso è consentito anche ai vicini del villaggio per lavare i panni e fare il bagno. A volte, specialmente durante la calura estiva, anche gli animali approfittano del laghetto per rinfrescarsi.
Nei pressi del laghetto c’è un contenitore che contiene sabbia e ghiaia che fanno da filtro per purificare l’acqua che viene poi pompata a mano e utilizzata per le faccende domestiche.
Un orto molto ricco e curato garantisce durante l’anno il necessario per la missione. Alberi da frutto e le più svariate tipologie di verdura cercano di sopravvivere nonostante la salinità del terreno. Gli scarti vengono dati a conigli, galline, porcellini d’India e oche che vivono nella missione. Le ragazze danno il loro contributo innaffiando l’orto e pulendo le gabbie degli animali a turno.
Una giornata in villaggio
Al mattino presto una fitta nebbia ricopre l’intero paesaggio creando un’atmosfera davvero affascinante. I primi allevatori assonnati si incamminano per le strade con il bestiame verso i pascoli. Il villaggio prende vita!
Mettiamo al collo le nostre macchine fotografiche e cominciamo ad esplorare le viuzze all’esterno della missione. Durante l’anno Padre Luigi riceve qualche visita ma nonostante ciò la vista di stranieri, soprattutto donne, incuriosisce parecchio gli abitanti del villaggio. Ad ogni incontro riceviamo l’invito ad entrare nelle case per fare due chiacchiere. Sono davvero poche le persone che parlano inglese ma ognuno cerca di scavare tra i ricordi scolastici per farci una breve intervista.
Le abitazioni bengalesi
Le abitazioni sono davvero fatiscenti. Una piccola casa in muratura è il sogno di tutti ma sono davvero pochissimi quelli che possono concedersi questo lusso. La maggior parte dei bengalesi vive in semplici capanne di fango con il tetto di paglia. Ogni anno i cicloni spazzano via migliaia di abitazioni lasciando le persone nella miseria più totale. Da qualche anno sono diversi i rifugi anti ciclone costruiti a scopo preventivo nei villaggi. In molti raggiungono la missione durante queste calamità, certi di trovare un tetto sicuro che possa salvarli.
La popolazione del Bangladesh, 160 milioni di persone, è per il 90% musulmana. L’8 % circa pratica l’induismo mentre cristiani, buddisti, animisti e altre correnti religiose sono una piccola percentuale restante.
Gli abitanti del villaggio
Incontriamo donne meravigliose raccolte nei loro abiti colorati e di svariate fantasie. Il velo che copre il capo, occhi profondi e un timido sorriso di chi vorrebbe approfondire una conoscenza ma è troppo esitante a farlo. Proseguono dritte lungo il loro cammino, con delle bellissime brocche di metallo sottobraccio. C’è chi va a prendere l’acqua potabile al pozzo, chi raggiunge la missione per avere l’acqua di cottura del riso per darla ai vitelli. Ciò garantisce una migliore sopravvivenza ai nuovi nati. La salinità, bruciando i terreni, non offre molto alle bestie, rendendole scavate e ossute.
Sono diversi gli uomini che incontriamo che utilizzano l’henné per colorarsi barba e capelli. Un fenomeno che incrocia credo religioso e moda. Secondo alcuni testi religiosi Maometto usava tingersi con l’henné ma si pensa sia un fattore più modaiolo per coprire i primi capelli bianchi.
Una serie di “Hello” e “How are you” ci accompagnano per tutta la mattina. Abbiamo ormai una decina di bimbi festosi che ci seguono senza sosta incuriositi dell’obiettivo e da questi buffi stranieri così alti, dal naso lungo e la pelle slavata. Anche se sono i primi giorni sappiamo già che torneremo a casa custodendo gelosamente questi ricordi. Un’altra esperienza di viaggio arricchirà la nostra anima affamata.
Lavoretti in missione
Torniamo in missione. Decidiamo di dare una mano a Padre Luigi sbrigando qualche lavoretto. I ragazzi si occupano dell’imbiancatura dei bagni mentre noi ragazze armate di stracci e spugne ci occupiamo della pulizia della cucina e le aree comuni. Un profumo delizioso raggiunge la sala, il pranzo è quasi pronto mentre tutte le ragazze fanno ritorno da scuola. Una lavagna esposta ricorda i turni della settimana per apparecchiare, pulire e lavare i piatti.
Dopo aver pranzato tutti assieme e fatto un piccolo riposino ci raccogliamo nella sala principale per aiutare le ragazze con l’inglese e per giocare tutti assieme. Sono momenti preziosi che ci fanno capire molte cose. Ci siamo chiesti a lungo di cosa potessimo occuparci una volta raggiunta la missione. Consapevoli di non avere delle capacità specifiche in campo medico o altro ci siamo resi conto, giorno dopo giorno, dell’importanza di stare con queste persone. Una delle cose più belle ed importanti è dedicare il proprio tempo a qualcuno, specialmente se si tratta di persone bisognose ed emarginate.
Una volta calata la sera e cenato tutti assieme le ragazze ci accolgono ufficialmente tra loro mostrandoci le antiche danze della Tribù Munda. Mentre Padre Luigi corre a prendere la sua fisarmonica, Orpita, una delle ragazze più piccole, un vulcano di energia, inizia a suonare l’armonium, un piccolo e caratteristico organo locale. Veniamo vestiti con i tipici abiti del luogo, il Sari per le ragazze e il Lungi, la tipica gonna/pantalone usata dagli uomini che ci verranno dati in dono per la nostra permanenza.
Si prosegue tra canti e danze bengalesi fino a tarda serata. Torniamo nella nostra stanza con gli occhi lucidi e il cuore gonfio di emozione. Ci addormentiamo cullati dall’incessante gracidio delle rane e il frinire delle cicale certi che il Bangladesh ci stia regalando grandi emozioni e che questa esperienza di viaggio in missione resterà tra le più belle di sempre.
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